Star Rover

astrologia esplorativa

Ho cominciato a cogliere le possibilità straordinarie dell’astrologia quando ho iniziato a lavorare autonomamente sul mio cielo e a cercare le corrispondenze tra i suoi elementi e le mie esperienze di vita.

Nel corso degli anni mi ero fatta fare l’oroscopo in diverse occasioni. Ogni astrologə aveva interpretato il mio cielo da una prospettiva diversa e alcune volte avevo avuto qualche piccola rivelazione, altre volte avevo sentito che l’interpretazione non corrispondeva al mio sentire e travisava qualcosa, intuivo vagamente quello che l’astrologə di turno intendeva, ma io non l’avrei espresso in quel modo. Questo valeva sia per le interpretazioni estremamente lusinghiere che per quelle che indicavano i punti deboli o ombrosi.

Ma l’effetto di queste letture del cielo non fu mai molto profondo. In generale, credo che questo succeda nella maggior parte dei casi, quando non si ha instaurato un rapporto personale con il linguaggio astrologico.

È stato quando ho iniziato a studiare il mio cielo che qualcosa è cominciato veramente a succedere. Per questo, penso che farsi interpretare l’oroscopo sia solo il primo passo, che prepara ad entrare in una relazione intima di esplorazione del proprio cielo, facendo ricorso anche a pratiche come l’immaginazione attiva e il lavoro energetico.

L’astrologia è un linguaggio simbolico, che può essere in parte tradotto, ma nella traduzione perde molto della sua potenza. Un linguaggio simbolico è in sé portatore di trasformazione. Se spieghiamo il simbolo trasponendolo in un altro contesto, abbiamo perso la sua energia attiva.

Arriverei addirittura a dire che l’astrologia è una forma di terapia magica. E non sto certo parlando dell’uso che la magia rinascimentale faceva dell’astrologia, con i suoi sigilli planetari e gli elisir; sto invece parlando del potere psicoattivo del linguaggio astrologico e del diagramma del cielo natale come simbolo composito.

Ma torniamo per un momento alle difficoltà di spiegare l’astrologia. Un astrologə può ad esempio descrivere un quadrato tra Marte e Plutone in termini di fattori inconsci che pregiudicano la volontà o, paradossalmente, dirà che la volontà è potentissima e le capacità di resistenza sovrumane ma si possono verificare gravi conflittualità con l’ambiente.

Entrambe le interpretazioni sono, a seconda dei casi, corrette, ma non sono che ipotesi, esempi di possibili manifestazioni di questo aspetto che è, come tutte le componenti del cielo natale, sostanzialmente un complesso energetico, che si può esprime in termini fisici, emozionali, mentali ma che, in ultima analisi, può essere solo individuato e risolto direttamente, sentendo dentro di noi le sue componenti e le sue dinamiche. Questo è qualcosa che non può avvenire nell’ambito di una consultazione astrologica. Potrebbe implicare una serie di viaggi visionari, accompagnati da un’osservazione e riflessione sul quotidiano e sul passato, oltre alla domanda imprescindibile intorno alle finalità dell’aspetto. Il lavoro astrologico non può infatti prescindere dal principio per cui il senso è legato al fine, che va, di volta in volta, ipotizzato e verificato. È un delicato atto di equilibrio tra intuizione e illusione, difficile ma non impossibile, ma talmente personale che sarebbe un errore delegarlo ad altri.

Ciò che si può ottenere da una consultazione astrologica è il riconoscimento della matrice archetipale del problema. La persona probabilmente ha già percepito questa tensione interiore in passato e magari le avrà già dato qualche spiegazione causale proveniente dall’infanzia. Ma ora la vede come parte del suo destino e non più come un fenomeno contingente che potrebbe scomparire. Ora è diventata fato e destino; fato perché ha una causa nel passato e destino perché ha una finalità nel futuro. Può evolvere e trasformarsi, assumere un volto molto diverso, rivelerare un potenziale insospettato ma non scomparirà. Il diagramma del cielo natale è valido per l’intera esistenza, secondo il principio ermetico per cui l’inizio racchiude in sé il piano dello sviluppo, della maturazione e del compimento. 

L’astrologia non parla di come si è manifestato un aspetto ma dice che fa parte del diagramma di forze che descrivono le dinamiche di una vita. Questo diagramma è impersonale, dipende dalle ciclicità, dalla qualità composita del momento in cui la persona è entrata nello spazio-tempo, cioè la nascita. Ogni individuo con un aspetto Marte-Plutone è destinato a porsi nella vita la questione del rapporto tra volontà e inconscio e, nel caso della quadratura, questo rapporto si presenta come generatore di tensioni.

L’io individuale non è in grado di risolvere la tensione affidandosi a qualcosa che ignora la dinamica dell’aspetto, non può manipolare le energie, può solo collaborare con loro. È la quadratura stessa che racchiude il potenziale della sua risoluzione. In fondo, il ruolo dell’io nella guarigione è solo quello di comprendere e collaborare, allora la soluzione lentamente si manifesta.

A volte la quadratura non coinvolge nemmeno direttamente l’io, cioè il Sole (questo dipende dagli aspetti che il Sole forma con Marte e Plutone). In questo caso la persona farà l’esperienza di qualcosa che non riesce facilmente a controllare. Quindi risulta un po’ ingenuo da parte dell’astrologə cercare di fare un po’ di consulenza psicologica e rassicurare che l’io può intervenire creativamente per influenzare questa tensione, ora che si è accorto che la tensione era prevista e non poteva non manifestarsi in una qualche forma.

Se non riusciamo a sentire profondamente come funzionano Marte e Plutone in noi, non possiamo influenzare la quadratura. Ma più l’io esprime la sua intenzione di comprendere per guarire, più le energie rispondono in modo costruttivo.

Ma non dobbiamo essere frettolosi, alcuni aspetti sono effettivamente ombrosi, dobbiamo essere accorti e prendere precauzioni. Non dobbiamo pensare che possiamo forzare una risoluzione. Nell’esempio che stiamo considerando, questo corrisponderebbe ad essere posseduti dall’ombra di Marte che, sottoposto a pressioni plutoniane, si sente impotente, diventa animoso e spinge verso una risoluzione in cui cerca disperatamente di liberarsi. Ma questo finirà col gettarlo nello sconforto, perché tutta la forza è dalla parte di Plutone.

Inoltre, come durante una psicoterapia, il solo fatto di porre l’attenzione su una tematica, la attiva. Questo può effettivamente mostrarla in una luce nuova ma anche temporaneamente acuirla. Comunque sia, l’aver identificato il rapporto tra volontà e inconscio in termini di quadratura tra Marte e Plutone, apre la strada a cogliere anche un significato più misterioso, un potenziale trasformativo insito nel quadrato che prima non era individuabile. Questo è avvenuto nel momento in cui non abbiamo più visto il problema come Ho una volontà debole oppure Ogni volta che cerco di impormi fallisco o succedono cose sgradevoli indipendenti dalla mia volontà o qualche altra formulazione soggettiva che traduce solo molto vagamente la dinamica. Ora è una quadratura Marte-Plutone e la sentiamo come qualcosa che c’è sempre stato e che solo ora si rivela. È una qualità ben precisa, che anche il corpo può percepire, come tensione nel plesso solare o in altra forma. Ora che è stata individuata nel corpo, il sintomo può essere, entro certi limiti, circoscritto e attenuato, ora non è più pervasivo. L’inconscio corporeo reagisce all’attenzione dell’io. Ovviamente il sintomo scomparirà solo quando l’energia dell’aspetto cambierà. Potrebbe non avvenire mai interamente, ma i problemi più acuti scompariranno. Non ci sarà più nulla di insopportabile

Con questo voglio dire che la guarigione non è sempre totale e definitiva (bisognerà vedere cosa succede al prossimo transito tra Marte e Plutone, può darsi che solo allora ci si accorgerà di quanto la relazione tra i due è cambiata…), ma i progressi ci saranno. Quando l’io chiede di capire e guarire, l’universo risponde.

In fondo, l’astrologia forse non è altro che lo strumento più sofisticato che l’intuizione umana ha inventato per tradurre l’incredibile complessità delle incessanti dinamiche della creazione come è percepita in questa dimensione.

Una risoluzione alla questione Marte-Plutone può accadere solo dopo che abbiamo frequentato l’aspetto e forse avverrà effettivamente in concomitanza con un transito tra Marte e Plutone. Ogni cosa ha il suo kairos, il momento propizio nel quale avvenire. Ovviamente non dobbiamo aspettare un transito promettente, possiamo lavorare con l’astrologia in ogni momento, ma forse ci accorgeremo dei cambiamenti solo ad un certo punto. 

Non sto ovviamente dicendo che, per farsi interpretare il cielo, bisogna aver studiato astrologia. Sto dicendo che, per lavorare con il proprio cielo, conviene usare il linguaggio nel quale è scritto.

Questo va un po’ contro la tendenza secondo cui bisognerebbe prescindere da un linguaggio troppo tecnico per rendere la lettura del cielo accessibile a chi sia interessato ma non comprende il linguaggio astrologico. È naturale pensarla in questo modo e sono convinta che ci sono astrologi che sono eccellenti traduttori. Ma, per quanto mi riguarda, ho scoperto che è il linguaggio astrologico stesso a fornire gli strumenti per conoscere sé stessi e anche guarirsi. Ma tutto dipende dall’affinità che abbiamo con questo linguaggio e da come usiamo gli strumenti energetici e immaginativi. Ho conosciuto persone per le quali il linguaggio astrologico era assurdo e fonte di confusione, mentre altri intuivano tutto con relativa facilità. Questo significa solo che ognuno ha bisogno di strumenti diversi e lasciarsi convincere che l’astrologia ha un potenziale straordinario e quindi voler applicarsi inutilmente ad usarla per poi accorgersi che è diventata solo una sovrastruttura noiosa, non ha nessun senso. Finiremo col covare rancori e sviluppare resistenze passive oppure sentirci controllati dagli archetipi come se fossero una gigantesca macchina super-egoica. Questo, lo si sarà capito, è controproducente e foriero di inutili problemi.

Quando ero più giovane, non ero particolarmente attratta dall’astrologia, la trovavo old fashioned, poco new age, tetragona e saturnina o meramente descrittiva. Quando ho cominciato a provare un vivo interesse per lei avevo già quasi quarant’anni. Allora ho capito che aveva un grande vantaggio rispetto ad altre pratiche psicospirituali: valorizzava il mentale, non lo sviliva, lo usava come uno strumento indispensabile. Ma, come tutti i linguaggi simbolici, dava importanza anche a tutto l’ambito immaginativo ed energetico.

Con l’andare degli anni, la mia ammirazione nei confronti dell’astrologia non ha fatto che crescere. Oggi penso che sia lo strumento autoterapeutico più potente che possiamo usare.

Ma l’astrologia è molto più lontana dalla mentalità corrente di quanto si creda. Per questo proliferano manuali che cercano di dare una visione eminentemente metaforica e psicologica dei simboli astrologici e mettono in secondo piano il fatto che non stiamo propriamente parlando di metafore, bensì della traduzione simbolica di cicli reali che coinvolgono tutti gli aspetti della vita.

Quando Mercurio è retrogrado, si usa dire che la comunicazione diventa più difficile o ci saranno problemi con le telecomunicazioni. Ma forse dovremmo pensare la cosa nei termini che ci sono fasi cicliche, in cui la comunicazione è in una fase di introversione e questa fase noi la rappresentiamo come concomitante al modo in cui il movimento del pianeta Mercurio appare visto dalla Terra. Possiamo ignorare la cosa o adattarci all’idea che, per un certo periodo, la comunicazione sui piani interiori sarà più proficua di quella rivolta verso l’esterno. Compatibilmente con il Mercurio del nostro cielo, la cosa sarà più o meno percettibile. L’io che crede di poter gestire la realtà prescindendo da ogni condizionamento – soprattutto quando viene espresso in un modo che alla mente razionale appare superstizioso – riderà, non si lascerà influenzare e si congratulerà con sé stesso.

Ma l’io che è più saggio e sa che tutto dipende dalla sua capacità di adeguarsi ai cicli della natura e del cosmo, prenderà in considerazione la cosa e si dirà che è arrivato un momento in cui Mercurio è introverso. Forse la cosa non lo influenzerà in termini pratici, ma si sentirà molto più in armonia con quella parte interiore del suo essere che ha natura mercuriale, se prenderà in considerazione in quale fase Mercurio si trova.

Vivere considerando aspetti e transiti non è essere condizionati, è onorare la natura universale dei cicli delle energie che reggono la creazione. Questi cicli sono vissuti nella terza dimensione terrestre, nella quale viviamo, in un modo che è sincronico con il modo in cui si osserva la volta celeste dall’antichità ad oggi.

Un giorno, migliaia di anni fa, abbiamo scoperto che il cielo stellato era la manifestazione sincronica di cicli universali. Di solito si dice che l’astrologia è nata dall’osservazione del cielo stellato e dalla scoperta delle concomitanze tra il movimento dei pianeti e gli accadimenti di portata collettiva che avvenivano nelle antiche culture. Ma potrebbe anche essere che l’umano avesse bisogno di un linguaggio per tradurre un’intuizione primaria, cioè che ogni manifestazione nell’universo funziona sulla base dell’interagire di forze che hanno ognuna un comportamento specifico e presiedono a processi di coesione, struttura, espansione, contrazione, attrazione, scambio, esplosione, distruzione, rinascita e molti altri ancora. Queste forze, che agiscono nella psiche come nella materia, l’umano le vede in numero limitato, perché può ricondurre tutti i fenomeni che conosce a una di loro o ad una combinazione tra loro. La magia ha da sempre funzionato sul principio delle corrispondenze. Osservando un fenomeno, si potevano riconoscere quali principi erano coinvolti.

Qualche volta l’orizzonte umano si espande. Quando un nuovo archetipo emerge dall’inconscio collettivo, si scopre un nuovo pianeta e lo sguardo sulla realtà cambia.

Ma torniamo a noi. Dicevo che il linguaggio astrologico è in sé terapeutico, per questo sarebbe un errore tradurlo in qualcos’altro. Comprendiamo il potenziale dell’astrologia solo se adottiamo la sua prospettiva.

Dane Rudhyar, uno dei padri dell’astrologia psico-spirituale, vedeva l’astrologia come un percorso iniziatico, in cui si apprende a collaborare con la vita. Realizzare le potenzialità del proprio cielo significava per lui compiere il passo evolutivo che dà un senso alla nostra esistenza.

La questione è oltremodo delicata. Per questo sarebbe meglio non dare a nessuno troppo potere su di noi: un’interpretazione inaccurata o un malinteso potrebbero nuocerci. È dunque meglio imparare a lavorare autonomamente con il proprio cielo, che prima o poi, svelerà i suoi segreti.

È incredibile la quantità di interpretazioni che si possono trovare riguardo ad un aspetto o una collocazione. Si tratta spesso di esempi concreti che traducono qualcosa che sembra astratto ma che in realtà non è né concreto né astratto, è un pattern energetico, che possiamo esprimere a parole solo in modo metaforico. Nella nostra vita si manifesterà in varie forme concrete ma nessuno può sapere in anticipo quali. Per questo le interpretazioni a priori sono rischiose. Se l’astrologə sbaglia l’esempio, la persona fraintenderà il significato.

Il linguaggio astrologico è sempre sfaccettato e proteiforme, per cui l’interpretazione che risuona in noi va lentamente scoperta e non bisogna fidarsi troppo dei preconcetti: un aspetto generalmente considerato infausto può invece manifestarsi in un modo molto positivo e viceversa.

Le risposte che possiamo trovare sono il risultato di un processo progressivo e sono sempre provvisorie. Diventano più chiare col tempo e spesso si trasformano.

A volte bisogna diffidare di quello che sembra evidente e cercare oltre. Altre volte ci si accorge solo dopo un po’ della portata di quello che si è scoperto. Alcune scoperte sono conferme di quanto già conosciamo, ma visto in una prospettiva più ampia e universale.

Si tratta di lavorare per comprendere il nostro viaggio e trovare la serenità e la soddisfazione che ognuno di noi merita per il solo fatto di essere al mondo, vale a dire di compiere il viaggio.

Ormai vedo il lavoro astrologico anche come una celebrazione della propria esistenza. Per questo mi sembra un lavoro più adatto alla seconda metà della vita, quando si avvicina il momento della sintesi.

Arrivati alla maturità, non importa più analizzare il carattere e ricercare i talenti; occorre concentrarsi sul senso profondo delle cose e sulla ricerca della pace interiore.

Il rapporto con l’anima assume nella seconda metà della vita un’importanza più grande. Naturalmente la nostra anima si manifesta molto prima, per alcuni di noi fin dai primi anni di vita. Per altri solo lentamente, magari durante un periodo critico o raggiunta la quarantina.

Se ci lasciamo troppo condizionare dalle norme sociali, avremo maggiore difficoltà ad entrare in contatto con la nostra anima. Se invece siamo fragili e abbiamo difficoltà a mantenere la coesione dell’io, probabilmente saremo più in contatto con l’anima, ma non riusciremo a mettere in pratica la sua ispirazione, perché saremo indeboliti dalle maree dell’inconscio.

L’anima cerca sempre la guarigione della psiche. Ma a volte questa guarigione assumerà forme inaspettate, difficili da capire.

Comunque sia, per tutti la seconda metà della vita è il periodo più importante, nel quale i processi di guarigione interiore possono accelerarsi.

Il transito di Urano opposto alla sua posizione natale, che avviene intorno ai quarant’anni, dovrebbe segnare il passaggio verso questo periodo di maggiore fertilità animica.

Dai cinquant’anni (transito di Chirone) in poi possiamo guardare indietro e sintetizzare la nostra evoluzione, lentamente estrapolare la quintessenza e – se tutto va bene – avremo davanti a noi ancora almeno una trentina d’anni, nei quali portare a compimento ciò che l’anima ha inteso per questa vita.

È quindi a partire dai quarant’anni che un percorso astrologico incentrato sull’anima può portare maggiori frutti.

Ammetto che quanto ho appena scritto possa sembrare un po’ idealizzato. Spesso con gli anni non constatiamo un’apertura ma una cristallizzazione, una maggiore reticenza ad affrontare processi evolutivi che potrebbero sconvolgere la relativa stabilità che ci si è faticosamente costruiti. In questi casi, l’ombra di Saturno ha avuto il sopravvento sull’impulso uraniano al cambiamento.

Ma siamo ormai entrati nell’era dell’Acquario, il cui archetipo dominante è proprio Urano. La vita ci chiede qualcosa di diverso rispetto alle generazioni passate. Abbiamo bisogno di trovare un approccio creativo alla seconda metà della vita e, quando il costruirsi un’esistenza e i ruoli sociali non sono più centrali, la riflessione sulle cose lontane (la IX casa del nostro cielo natale) e la loro esplorazione si fanno sempre più vicine.

Alcuni anni fa avevo scritto alcuni testi sugli archetipi del mio cielo e, rileggendoli ora, mi accorgo di quanto la mia percezione nei confronti di questi archetipi sia cambiata nel corso degli anni. Dobbiamo tutti vivere con questa incertezza: quello che ci pare di avere scoperto sarà presto superato da nuove scoperte, che non andranno necessariamente ad invalidare quello che credevano di avere capito ma lo mostreranno in un’altra luce.

Quando ho cominciato a lavorare con il mio cielo, ho fatto il processo inverso di quello che di solito si fa. Non era un chiedersi, ad esempio, qual è il significato della Luna congiunta a Nettuno in Scorpione in XII casa, ma un chiedersi cosa nella mia vita potesse essere l’espressione della Luna, di Nettuno, dello Scorpione e della XII casa. Allora la dinamica dell’aspetto si è chiarita e ho cominciato a vedere cosa potesse diventare, sulla base di cosa potenzialmente già era.

Com’era possibile che l’astrologia fosse così potente? È solo un gigantesco dispositivo proiettivo, nel quale la psiche si specchia o è uno schema di forze cosmiche che esistono oggettivamente al di fuori di noi?

Tendo senza dubbio per la seconda ipotesi, altrimenti non avrebbe senso parlare di cicli cosmici e sappiamo che l’astrologia è in grado di descrivere con accuratezza le energie attive sul piano collettivo in un determinato momento storico ma può anche individuare clusters di energie che provocano fenomeni naturali, del tutto indipendenti dalle influenze umane.

Comunque, se volessi dare qualche consiglio a chi vuole iniziare ad esplorare il proprio cielo, direi che il primo passo non è a livello dei contenuti ma a quello della contemplazione, che si può trasformare lentamente in una percezione energetica.

Familiarizzarsi con l’immagine del nostro cielo è cruciale. Prima ancora di analizzare le diverse collocazioni e gli aspetti, abbiamo bisogno di instaurare un rapporto con la mappa come unità, come diagramma di forze, come se fosse la trasposizione poetica di un dispositivo elettromagnetico, nel quale l’energia si comporta in modi che possiamo sperimentare anche a livello corporeo.

Amare il nostro cielo dà una grande soddisfazione, anche quando vi percepiamo qualcosa di difficile da sopportare e di doloroso da portare. Più intimo è il rapporto che instauriamo, più diretto sarà l’accesso al potenziale terapeutico.

Si può iniziare con brevi momenti contemplativi, senza commentare o riflettere troppo, con il solo scopo di abbracciare con lo sguardo la sintesi simbolica delle energie che formano la sinfonia della nostra vita.

Basterà entrare in sintonia con il disegno, aprire il cuore, lasciar vagabondare lo sguardo da un luogo all’altro, soffermarsi dove si sente un’attrazione spontanea o un disagio. Magari chiudere gli occhi per un momento e chiedersi: cosa sto provando? Cosa sto vedendo?

Nessuna interpretazione che abbiamo letto o appreso, che sia basata sulla casistica o su una comprensione più o meno oggettiva dell’azione degli archetipi, può rendere con sufficiente chiarezza le peculiarità delle forze attive nel nostro cielo.  

Dal momento che si tratta di forze universali, alle quali ogni individuo può accedere, non c’è ragione per cui la comprensione diretta dovrebbe esserci preclusa.

Detto questo, è comunque utile avere qualche punto di riferimento per orientarsi nel viaggio. Non è realistico pensare che qualcuno possa decodificare il proprio cielo senza studiare la lingua in cui è scritto. Ma se sul piano concettuale questa lingua appare complessa, sul piano energetico-intuitivo, è facilmente percettibile. Il nostro corpo la capisce prima che la mente riesca a comprenderla.

Oltre alla contemplazione, ci sono varie altre pratiche intuitive per entrare nello spazio energetico del nostro cielo, tra cui i viaggi visionari e la scrittura automatica.

Ma il passo successivo sarà necessariamente di natura più intellettuale. Bisognerà comprendere gli elementi costitutivi, quindi passare da un’immagine che abbraccia l’interezza a una visione più analitica.

Occorrerà comprendere cosa sono i segni, le case, i pianeti e gli aspetti. Questi sono gli elementi fondamentali della grammatica astrologica.

Ma non dobbiamo pensare che tutti gli astrologi li vedano nello stesso modo. Qui diventa appassionante. Esistono moltissime correnti astrologiche, il che genera inevitabilmente una certa confusione. D’altro canto questo può essere anche incoraggiante, perché significa che il campo è vivo e pullula di spunti multiformi.

Io sono sostanzialmente autodidatta. Ho pensato molte volte di iscrivermi ad una scuola d’astrologia ma non sono mai riuscita a decidere quale. Ce ne sono di molto tecniche, che insistono su astronomia e statistica e magari cercano una legittimità scientifica, ci sono le teosofiche e le antroposofiche, quelle a indirizzo psicologico per lo più junghiano ma non solo. Ci sono scuole decisamente originali, con ipotesi di lavoro uniche, ci sono scuole di astrologia medievale, caldea, vedica o cabalistica, ci sono scuole di astrologia karmica e astrosofia.

Tutte hanno qualcosa d’interessante, nessuna è interessante abbastanza da suscitare in me un desiderio di affiliazione.

Avevo seguito un corso di astromitologia con un’astrologa di impostazione junghiana per sette anni e dopo questo percorso, eravamo rimaste in stretto contatto per una decina d’anni, fino alla sua morte. Avevamo passato ore e ore in intense discussioni, mi ero occupata dell’editing del suo manuale di astromitologia, avevamo esplorato le possibilità di lavori esperienziali di tipo energetico e psicodinamico sugli elementi del cielo e sui miti. Attraverso di lei avevo conosciuto l’astrologia in modo più profondo ma la sua influenza aveva anche svolto la funzione di filtro e, quando iniziai ad immergermi da sola nel mio cielo, scoprii cose delle quali non avevamo mai parlato e scoprii significati molti diversi da quelli che vi aveva scorto lei.

Non provo alcun interesse ad iniziare un iter scolastico in una scuola che mi trasmetterebbe una prospettiva a scapito di altre. A costo di diventare eterodossa e sincretica, preferisco prendere dalle diverse correnti quello che ha senso per la mia ricerca e sorvolare sul resto. L’ambiente delle scuole astrologiche, del resto, mi pare piuttosto settario e le diatribe interne non mancano.

La letteratura in campo astrologico è veramente vastissima, quindi essere autodidatti è molto più semplice che non esserlo in tecniche energetiche o psicofisiche.

Il mio obiettivo all’inizio era lavorare sul mio cielo e, forse, in futuro, aiutare altri a fare un lavoro simile a quello che avevo intrapreso. Non volevo fare dell’astrologia una professione. Con questo atteggiamento ero libera di spaziare. Ho mantenuto questo approccio fino ad oggi. Col tempo ho trovato criteri per selezionare cosa mi aiuta a migliorare la mia comprensione e cosa non è in linea con le mie convinzioni. Il campo resta vastissimo e mi sento ancora una debuttante, anche se ormai sono più di dieci anni che mi occupo regolarmente di astrologia. Più il tempo passa, più il suo potenziale mi si rivela sempre nuovo.

Al di là della pesantezza saturnina del lavoro interpretativo, l’atmosfera è pervasa di elettricità uraniana, la metamorfosi delle strutture porta al costellarsi (è proprio il caso di dirlo…) di nuovi pattern dinamici e promettenti. Vedremo cosa scoprirò tra dieci anni… Quello che faccio oggi mi sembrerà solo un balbettio…