Intoxicated Moon Reloaded

Prosa poetica

Questa raccolta di prosa poetica è il risultato di un insolito esperimento auto-terapeutico e comprende un lungo testo iniziale che illustra il processo e lo rende comprensibile.

La seconda parte invece racchiude una raccolta di poesie in versi e in prosa che vengono da un passato molto lontano, gli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta. Ma non mi sembrano invecchiate nel corso dei decenni, perché parlano del disagio di vivere e dell’amore del futuro, gli ingredienti indispensabili alla crescita ieri come oggi.

Circa ogni dieci anni riprendevo in mano queste poesie, non riuscivo a lasciarle morire, dovevo tenerle in vita perché le sentivo depositarie di un’energia particolare che, al momento in cui erano state scritte, non aveva trovato il modo di crescere e maturare.

Qualche anno fa ho fatto un editing definitivo e ho iniziato a scrivere il testo che descrive il senso del processo di rivisitazione e guarigione del passato, usando le poesie come tramite per contattare quella che ero stata e, in un certo senso, liberarla, guarirla in un modo che prima non era stato possibile. È stato come se l’adulta guarisse la ragazza, lavorando sulle sue parole e dando loro una forma più compiuta.

Non ho modificato il contenuto delle poesie, solo certi dettagli formali. Le ho rese, entro certi limiti, più armoniose, ma i versi sono essenzialmente rimasti quelli che aveva scritto la ragazza di più di quarant’anni fa. 

Considero questo genere di esperimenti molto interessante, anche se possono sembrare di primo acchito un po’ assurdi (o patetici…). Bisogna a volte prendere strade molto bizzarre per far succedere cose che non si pensano possibili. In seguito a questo processo, mi pare che, nel passato, sia veramente cambiato qualcosa… Le cure che ho prodigato al mio io di allora mi sembra abbiano sortito un effetto benefico non sui ricordi ma  sull’interiorità della me stessa di allora… 

Mi piacerebbe che queste poesie aiutassero chi ha oggi l’età che avevo io allora a guardare la realtà in trasparenza, a non disperare della propria difficoltà di vivere, a dare valore al proprio sentire e alle proprie visioni più che alle suggestioni del mondo esterno, e a nutrire l’utopia di una realtà migliore per tutti.

In fondo l’adolescenza, in quanto condizione liminare, è in una sospensione senza tempo. Per questo le mie poesie, che sono quelle di un’adolescente di molti decenni orsono, non mi sembrano vecchie. Pur contenendo riferimenti alla cultura e alle mie letture di allora (ci sono molta beat generation e mistica indiana…), hanno un’energia vitale che si è mantenuta intatta. Non so se sia stato a causa delle cure dispensate nel corso degli anni; direi piuttosto che dipende dalla natura paradossale del contenuto, che è una disperazione giubilante, una tormentosa speranza protesa verso un futuro che forse è meno un tempo a venire che una diversa dimensione dell’essere.

In fondo non so se siano le poesie la parte più importante o il testo che descrive l’insolito processo autoterapeutico e le fasi che si sono susseguite, che corrispondono al mio tentativo di capire cosa stessi facendo veramente. È solo molto lentamente che mi sono resa conto che quell’incapacità di lasciare perdere quelle vecchie poesie non era un vergognoso aggrapparsi a qualcosa che ormai aveva fatto il suo tempo, era proprio il contrario, era un liberare dal tempo qualcosa che era stato una promessa che il tempo non aveva mantenuto…

Mi piace pensare che questo processo possa aiutare qualcuno a recuperare qualcosa che credeva perduto e a guarire un passato che non è veramente passato finché i suoi nodi non si sono sciolti.