Il grande disgelo

Prosa poetica

Il grande disgelo è la sintesi poetica di un processo interiore di guarigione in forma di versi e frasi sparse combinate con elementi grafici.

Nella seconda parte, i frammenti vanno a formare un lungo testo di prosa poetica che riprende il processo dandogli una forma più organica.

Non è una testimonianza, piuttosto una condensazione evocativa.

La stesura della prima parte risale a molti anni fa. Poi, nel 2022, ho ripreso i frammenti poetici e ho dato loro una forma più organica, che sintetizza meglio il processo, cioè il passaggio da un io fragile e disorientato, sottoposto a pressioni interiori molto violente, alcune delle quali ereditarie, ad un io in dialogo con l’Essere, lo spirito, che apre uno spazio in cui il perdersi è visto come un gravitare intorno ad un centro onnipresente.

Stiamo quindi parlando di qualcosa che è più una piccola rivelazione spirituale che una guarigione in termini psicologici.

Infatti Il grande disgelo non parla del mio percorso terapeutico, ma di qualcosa di diverso e parallelo, che forse dovrei chiamare dialogo tra la psiche e lo spirito. È l’intuizione che, al di là della difficoltà di vivere e della sofferenza, c’è un nucleo indistruttibile e positivamente vuoto, nel quale risiede un’incrollabile certezza. Se entriamo in contatto con questa essenza interiore, che trascende la psiche, la guarigione diventa veramente possibile e può anche accelerarsi.

Il contatto con l’Essenza va e viene, a volte sembra che lo si abbia perduto, ma l’averne fatto l’esperienza, sia pure per brevi momenti, cambia tutto.

Quindi forse è una raccolta poetica che parla di spiritualità, ma lo fa in modo molto intimo e nello stesso tempo impersonale.

I versi sono molto sintetici e il contesto (la mia storia) non è sempre comprensibile. Ma lo scopo non era raccontare, era far sentire questo movimento: dalla ricerca di una strada alla rivelazione di una Presenza.

Ci sono molti riferimenti a quella che chiamo la mia mitologia privata, fatta più di parole che di immagini. Sono parole-simbolo, che per me hanno una miriade di associazioni e significati. Per chi legge ne avranno altri, ma spero che almeno in alcuni versi si senta l’universalità del processo. Alcune delle parole-simbolo sono state riprese nella raccolta 79 poesie fulmine.

Ho voluto conservare sia la parte frammentaria, in cui le frasi appaiono spesso sparse sulla superficie bianca della pagina e sono intercalate da segni e simboli, sia la parte più organica, che ripete, con piccole variazioni, il contenuto della prima parte. Mi è piaciuta l’idea del ripetere gli stessi contenuti, che, rileggendoli, appariranno più chiari e si avrà una visione d’insieme.

Nel processo descritto nel libro, si procede e poi si retrocede in continuazione (un movimento molto cancerino…), finché non si capisce che arrivare vuol dire dimorare in un centro che è un onnipresente non-luogo.

 

Per ora è disponibile solo la versione in formato Kindle a formattazione fissa, il libro cartaceo andrà in stampa molto presto.

Ecco un brano tratto dalla seconda parte:

Le strade erano disseminate di ombre.

Inseguivo ombre di strade e gli occhi scalfiti erano solo un ricordo.

L’onnipotenza del flusso era terribile onnipresenza, era presente potenza, corrente muta e malsano navigare sull’acqua densa.

Cosa sapevo delle tracce? Sapevo che il tempo non andava mai perduto e le strade perse nell’ombra si moltiplicavano indefinitamente.

Inseguire le tracce, leggerle e strappare loro un messaggio ogni volta diverso: ecco cos’era il lavorio incessante del remare.

E poi contare le ombre, disporle in ordine sparso, mescolarle agli echi e aspettare.

Le esperienze archiviate attendevano l’epurazione, attendevano l’estinzione del malinteso.

E io remavo, perché nuotare non era possibile.

Era tutto un malintendere le tracce, che avevano lingue sepolte e messaggi inquietanti.

Era tutto un inseguire gli echi e decifrare le lingue, intendere male e non voler credere.

E il nome rimaneva approssimativo.

Tornavo sempre a fissare l’acqua stagnante.

[…]

Ma dei resti senza nome cosa avrei dovuto fare?

Pensieri e sentimenti erano talmente precisi da sembrare oggetti reali.

Ma il sentire che sfiorava, ispirava e dilatava non aveva contorni precisi.

Per questo era sfuggente come vento animato.

[…]