Intoxicated Moon Reloaded

Poesie & prosa poetica

Questa raccolta di prosa poetica è il risultato di un insolito esperimento auto-terapeutico e comprende un testo introduttivo che illustra la natura del processo e lo rende comprensibile. La seconda parte invece racchiude una raccolta di poesie in versi e in prosa che vengono da un passato molto lontano, gli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta. Ma non sono invecchiate nel corso dei decenni, perché parlano del disagio di vivere e dell’amore del futuro, gli ingredienti indispensabili alla crescita ieri come oggi.

Circa ogni dieci anni riprendevo in mano queste poesie, che avevo scritto tra i tredici e i ventitré anni. Non riuscivo a lasciarle morire, dovevo tenerle in vita perché le sentivo come depositarie di un’energia particolare che, al momento in cui erano state scritte, non aveva trovato il modo di crescere e maturare.

Un paio d’anno fa ho fatto un editing definitivo e ho iniziato a scrivere il testo che descrive il senso del processo di rivisitazione e guarigione del passato usando le poesie come strumento per contattare quella che ero e, in un certo senso, liberarla, guarirla in un modo che in passato non era stato possibile. È stato come se l’adulta guarisse la ragazza, lavorando sulle sue parole e dando loro una forma più organica.

Non ho modificato il contenuto delle poesie, solo certi aspetti formali. Le ho rese, entro certi limiti, più armoniose ma i versi sono essenzialmente rimasti quelli che aveva scritto la ragazza di più di quarant’anni fa.

Considero questo genere di esperimenti molto interessante, perché realmente, in seguito a questo processo, mi pare che nel passato sia cambiato qualcosa: le cure che ho prodigato al mio io di allora mi sembra abbiano sortito un effetto benefico sui ricordi.

Mi piacerebbe che queste poesie aiutassero chi ha oggi l’età che avevo io allora a guardare la realtà in trasparenza, non disperare della propria difficoltà di vivere, dare valore al proprio sentire e alle proprie visioni più che alle suggestioni del mondo esterno e continuare a nutrire l’utopia di una realtà migliore per tutti.

In fondo, l’adolescenza, in quanto condizione liminare, è in una sospensione atemporale. Per questo le mie poesie, che sono quelle di un’adolescente di molti decenni orsono, non mi sembrano datate. Pur contenendo riferimenti alla cultura e alle mie letture di allora (c’è molta beat generation e mistica indiana…), hanno un’energia vitale che si è mantenuta intatta. Non so se sia stato a causa delle cure dispensate nel corso degli anni; direi piuttosto per via della natura paradossale del contenuto, che è una disperazione giubilante, una tormentosa speranza protesa verso un futuro che è meno un tempo a venire che un modo di essere nel mondo.

Ecco alcuni brani:

 

Triade del treno

I

Intermedio lamento oscilla nell’aria di suoni opachi.

La vorrei proprio vedere, la nuova primavera, il nuovo momento sbagliato, che parla lamento d’amore.

La primavera è oltre il treno e questo singhiozzo ristagna nell’aria come un pensiero di tempi tristi, come la mia voglia di essere un cane.

Il respiro sospeso è compresso: senza più sogni il mio corpo vagisce, immerso nella nebbia delle solite idee.

Vecchie idee che non rivelano nessun nuovo destino e ritmo di treno-singhiozzo.

Le colline si allungano, mi adagio sul tragico libro di un uomo che ha fissato per mesi un soffitto d’Africa pensando a un privato paradiso mancato

[…]  (1977)

Quasi muta

Nelle menzogne altrui ho quasi perso me stessa.

Finirò col cercarmi in luoghi che non mi appartengono…

Eppure sono ancora intatta nei sogni sfasati.

Fumo in silenzio masticando sorrisi, cerco frammenti di frasi più vere.

La vita sarà altrove, dove mi ostino a non voler andare.

I pesci muti invocano suoni.

Ma verrà la fine del mese e il treno del ritorno che non è un viaggio.

C’è nell’acqua un altro mondo, tutto opaco e circolare.

Vi galleggiano frasi che appena le guardo si nascondono dietro alle luci.

Sospeso nell’aria oscillante, qualcosa continua a chiamare.

Il mese sta finendo.

Notti nitide di luci enormi, luci di vertebre acquatiche.

L’acqua evapora piano, c’è una musica senza strumenti che posso ascoltare.

Ma per gli altri c’è solo il mio sorriso forzato.

Forse sto ammutolendo.

(1980)

 

No name 3

Da anni ho in soffitta gli alambicchi trascurati dalla mia distrazione. Sono morsi dalla polvere e opachi.

Andrò sul fiume di resina calda, intingerò le mani bagnate nell’acqua lustrale.

Accenderò il fuoco nel braciere di fede lunare.

Il futuro è cominciato e il treno aspetta nella stazione della mia piccola città.

(1982)

 

Non ho visto le menti migliori della mia generazione

Leggo troppe poesie americane.

Ma qui non abbiamo missili girasole, abbiamo danze puerili intorno a sterili tronchi. Abbiamo prigioni dove i serpenti dell’anima aprono cunicoli nelle pareti e molte sere estive dove ci annoiamo tutti insieme.

Cerco una palla di gomma che rimbalzi sull’infinito e bhakti, molta bhakti, molta, molta devota bhakti…

Cerco di impastare fogli stampati e vecchio ossigeno con amore che non ha condizioni.

[…] (1981)

 

Blues del marciapiede rotto

Blues del marciapiede rotto, blues della noia che ronza.

(Oh sì…  e non voglio camminare… sì… non voglio correre addosso a questo schizzo d’universo, a questo sputo di vita, in faccia al tempo sempre ritrovato.)

Palavras do futuro: sì… è tutto come deve essere.

Miracolo, sì… un miracolo in agguato.

Sulla cancellata ci sono un pupazzo e un succhiotto. C’è una ragnatela nella stanza, un disco rotto inchiodato alla parete, c’è un falò di desideri buttati in aria, c’è un miracolo in agguato.

[…] (1984)